giovedì 7 giugno 2007
SS. Corpo e Sangue di Cristo - 10 giugno 2007
Luca 9,11-17: [11]Ma le folle lo seppero e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlar loro del regno di Dio e a guarire quanti avevan bisogno di cure. [12]Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla, perché vada nei villaggi e nelle campagne dintorno per alloggiare e trovar cibo, poiché qui siamo in una zona deserta». [13]Gesù disse loro: «Dategli voi stessi da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». [14]C'erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai discepoli: «Fateli sedere per gruppi di cinquanta». [15]Così fecero e li invitarono a sedersi tutti quanti. [16]Allora egli prese i cinque pani e i due pesci e, levati gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero alla folla. [17]Tutti mangiarono e si saziarono e delle parti loro avanzate furono portate via dodici ceste.
Cari amici e care amiche,
domenica prossima si celebra nelle nostre chiese la Solennità del Santissimo Corpo e Sangue del Signore (10 giugno 2007). Perché una celebrazione di questo genere? Se i cristiani, celebrando di domenica in domenica l’Eucaristia, contemplano già la presenza reale in mezzo a loro del Corpo risorto del Signore, con la festa del Corpus Domini sembrano voler focalizzare ancora più esplicitamente il loro sguardo sul Suo corpo.
Anche l’apostolo Tommaso desiderava qualcosa di simile, in occasione della seconda apparizione del Risorto “otto giorno dopo”, pretendendo di vedere proprio nelle Sue mani il segno dei chiodi, mettere il dito nel segno dei chiodi e addirittura la mano nel Suo fianco (Gv 20,24-25).
In questo senso merita riandare a quanto Gesù stesso, nelle liturgie del Tempo di Pasqua, diceva ai Suoi, a riguardo del Suo corpo risorto. E’ Lui, infatti, che per raggiungerli non esita ad attraversare le porte sbarrate del luogo dove essi si trovavano impauriti: “mostrò loro le mani e il costato. I discepoli dunque, veduto il Signore, si rallegrarono” (Gv 20,20). Un corpo pieno di vita e di iniziativa, tanto da affiancare,“la sera di quello steso giorno”, due discepoli che se ne andavano delusi da Gerusalemme, pur di farSi riconoscere da loro. Ed “essi pure raccontarono le cose avvenute loro per la via, e come era stato da loro riconosciuto nello spezzare il pane” (Lc 24,35). Infine, stando a Giovanni, Gesù compare – in carne ed ossa, diremmo noi – anche a un gruppo di sette discepoli, che, delusi, erano tornati a pescare sulle rive del lago di Genezaret. Riconosciuta la Sua voce il discepolo amato grida: “è il Signore”, mentre Lui, stando a riva, prepara per i Suoi del pesce fritto e del pane abbrustolito, invitandoli a mangiare: “Venite a mangiare” (Gv 21,12) .
E’ necessario, dunque, addentrarci nella descrizione delle fattezze spirituali del corpo di Gesù risorto per comprendere il senso singolare della celebrazione della solennità del “Santissimo Corpo e Sangue di Cristo”, come recita propriamente il titolo di questa liturgia.
Ma, volendo rispondere ad alcune pretese, tipiche del sentire Occidentale, è bene prendere atto di alcune obiezioni nei confronti del Corpo e Sangue del Signore. In particolare, una interpretazione fisicistica dell’Eucaristia del Signore ci ha abituati a interpretare la consacrazione come fosse anzitutto una trasformazione delle specie del pane e del vino nel Corpo e nel Sangue del Signore.
E’ decisivo piuttosto, stando alle indicazioni evangeliche, prendere atto, all’interno della stessa celebrazione domenicale, che la presenza di Gesù col Suo corpo risorto è frutto che scaturisce dal cuore amante di Dio. E’ Lui che vuole farSi presente. Mentre da parte nostra, in obbedienza a quanto già aveva chiesto ai Suoi di ripetere in Sua memoria – “Poi prese del pane, rese grazie e lo ruppe, e lo diede loro dicendo: ‘Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me’. Allo stesso modo, dopo aver cenato, diede loro il calice dicendo: ‘Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue, che è versato per voi.’” (Lc 22,19-20) –, resta l’urgenza della testimonianza.
Non viene vanificata l’attenzione della tradizione cristiana al fatto che pane e vino, una volta consacrati, in forza dello Spirito Santo, diventano segno efficace (sacramentale) della Sua presenza tra noi. Piuttosto ci si orienta, dopo aver riconosciuto e adorato la Sua inestimabile presenza, a saper stare al Suo comando di testimoniarLo al mondo: “fate questo in memoria di me”.
Il grande esercizio, richiesto da sempre ai discepoli del Signore, non è anzitutto disquisire sulla trasformazione di qualcosa (pane e vino) in Qualcuno (Gesù risorto), ma di riconoscere la Sua presenza per testimoniarne la memoria. In questo senso è significativo riprendere la lettura chiaramente eucaristica dell’episodio della lavanda dei piedi: “Quando ebbe lavato loro i piedi, riprese il suo mantello, si rimise a sedere e disse loro: ‘Capite che cosa vi ho fatto?’ Voi mi chiamate maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Infatti vi ho dato un esempio, affinché anche voi facciate come io ho fatto a voi.’” (Gv 13,12-15).
Così si comprende meglio la pericope evangelica che sarà proclamata domenica prossima, che ci riferisce uno dei diversi miracoli di moltiplicazione del pane. Mentre il giorno stava per finire, i Dodici chiedono a Gesù di congedare la folla, perché potesse recarsi nei villaggi e nelle campagne dei dintorni per alloggiare e trovare cibo, ma Gesù disse loro: “Dategli voi stessi da mangiare” (Lc 9,13). Perché è decisivo, per chiunque ha la grazia di partecipare all’Eucaristia, cioè al dono che Dio fa di Sé per amore, fare come Lui ha insegnato. Amando come Lui ha amato. Avendoci dato Se stesso da mangiare – questo ancora sconcerta –, allora: “dategli voi stessi da mangiare”.
In questo senso il miracolo della moltiplicazione del pane continuerà ad essere ripetuto nelle nostre chiese e ancora Gesù potrà raggiungere la nostra fame d’amore. Desiderosi di poterci nutrire ancora di un pane che viene dal cielo: “Io sono il pane vivente, che è disceso dal cielo; se uno mangia di questo pane vivrà in eterno; e il pane che io darò è la mia carne, [che darò] per la vita del mondo” (Gv 6,51). Distribuire questo pane diventa così l’operazione eucaristica per eccellenza: “egli prese i cinque pani e i due pesci e, levati gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero alla folla. Tutti mangiarono e si saziarono e delle parti loro avanzate furono portate via dodici ceste” (Lc 9,16-17).
Come se il dinamismo proprio dell’Eucaristia fosse totalmente racchiuso in due gesti coi quali la tradizione cristiana ha educato a lungo i credenti: l’adorazione e la processione eucaristica. Se, da una parte, la Sua presenza va adorata in modo permanente nella Chiesa, dall’altra, la Sua stessa presenza chiede d’essere portata ancora per le vie delle nostre città, dentro le case della gente, intuendo, di volta in volta, le modalità più adatte per continuare ad obbedire al Suo comando: “Fate questo in memoria di me”.
Non stanchiamoci di celebrare l’Eucaristia del Signore nelle nostre chiese, superando una adorazione troppo statica del Suo Corpo e del Suo Sangue. L’amore di Dio, che con sovrabbondanza è stato riversato nei nostri cuori (Rm 5,5), raggiunga ancora tutti coloro che l’attendono, infondendo a tutti il sapore della speranza.
Che sia una buona domenica per tutti.
don Walter Magni
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
5 commenti:
Cari amici porre innanzi a noi l'amore totale che Gesù ha riversato a l'umanità intera non escludendo nessuno, nè fedeli credenti nè atei, e in memoria di Lui trasformare la nostra esistenza: diventare pane spezzato per l'altro!
è un ringraziamento infinito alle cose che il Padre ogni giorno ci dona nella nostra vita, e mentre noi non siamo fedeli Lui è sempre fedele, mai fa mancare il suo amore per noi!
Di fronte alla capacità di Gesù di saper moltiplicare l'amore per chi ne ha bisogno ci viene da dire a che serve tutto l'egoismo che spesso regola le relazioni umane come il calcolo dell'interesse che ci fa agire non sotto l'impulso dell'Eucarestia!
Veramente in questa festa liturgica appare come non mai la forza dell'amore e il suo apporto determinante per la storia dell'uomo, mentre tutte le guerre che si fanno, le operazioni militari per la pace e milliardi spesi per gli armamenti appaiono come logiche che non appartengono a Dio, ma mezzi con cui il DIVISORE crea scompiglio nel mondo.
La bellezza dell'amore di Dio per noi tutti ci possa sempre accompagnare nelle nostre quotidiane giornate per aiutarci a migliorare nei rapporti con gli altri ed in primis con noi stessi!
Alberto Mori ristorante canto sesto milano
La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu
La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu
quello che stavo cercando, grazie
molto intiresno, grazie
Posta un commento