mercoledì 28 marzo 2007

Domenica delle Palme - rito Ambrosiano, 1 aprile 2007

Gesù con Marta e Maria a Betania (Dettaglio) – Centro Aletti di Roma (refettorio) Mosaico realizzato dall'Atelier d'arte spirituale nell’ ottobre 2002

Giovanni 11,55-57;12,1-11: [55]Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione andarono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. [56]Essi cercavano Gesù e stando nel tempio dicevano tra di loro: «Che ve ne pare? Non verrà egli alla festa?». [57]Intanto i sommi sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunziasse, perché essi potessero prenderlo. [1]Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. [2]E qui gli fecero una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. [3]Maria allora, presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell'unguento. [4]Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che doveva poi tradirlo, disse: [5]«Perché quest'olio profumato non si è venduto per trecento denari per poi darli ai poveri?». [6]Questo egli disse non perché gl'importasse dei poveri, ma perché era ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. [7]Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura. [8]I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me». [9]Intanto la gran folla di Giudei venne a sapere che Gesù si trovava là, e accorse non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. [10]I sommi sacerdoti allora deliberarono di uccidere anche Lazzaro, [11]perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.

Cari amici e care amiche,

il brano dell’‘unzione di Betania’ (Gv 11,55-57;12,1-11), proposto dalla liturgia ambrosiana di domenica prossima – 1 aprile 2007, ‘Domenica delle Palme’ – segue quello della ‘risurrezione di Lazzaro’ (Gv 11,1-45), letto domenica scorsa. L’intermezzo tra i due episodi registra piuttosto lo scatenarsi di due sentimenti opposti. Alcuni decidono di credere in Gesù e altri Lo ucciderebbero subito: “molti dei Giudei, che erano venuti da Maria, alla vista di quel che egli aveva compiuto, credettero in Lui. Ma alcuni andarono dai farisei e riferirono loro quel che Gesù aveva fatto” (Gv 11,45-46). Così, dunque, il sommo sacerdote Caifa decreterà la Sua fine: “da quel giorno dunque decisero di ucciderlo” (Gv 11,49-53).

A questo punto è chiaro che non si tratta soltanto di ‘comprendere’ cos’è la fede cristiana, cosa significa credere per l’intelligenza pensante, come s’era cercato di fare nel tempo di Quaresima. E’ piuttosto arrivato il momento di decidersi per Lui, stando coraggiosamente dalla Sua parte. Al tempo della comprensione intelligente di Lui, succede ora l’esigenza di credere in Lui. Dando pieno spazio alle dinamiche profonde e all’intuito singolare del cuore.
Andrebbe esplicitato a questo punto il senso proprio dell’affidamento, dove l’intelligenza e il cuore s’intrecciano, senza alcuna mediazione. Fidandoci di Lui, semplicemente. Interessandoci alla Sua vicenda (pasquale) quasi fosse la nostra. Scrutandola e appropriandocela, con grande passione. Questo è, del resto, il senso stesso della ‘Settimana Santa’ che, partendo dalla prossima domenica, trova il suo vertice nel ‘Triduo’ che sfocia nella Domenica della Sua risurrezione. Ma evidenziando, proprio oggi, un clima d’attesa e di congiura: “Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione andarono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e stando nel tempio dicevano tra di loro: ‘Che ve ne pare? Non verrà egli alla festa?’. Intanto i sommi sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunziasse, perché essi potessero prenderlo” (Gv 11,55-57).

Ma se poi ci addentriamo anche noi nel clima familiare e affettuoso di Betania (“casa del pane”), allora ritroviamo i sentimenti più veri di Gesù che si legano a quelli dei Suoi amici più fidati. Quelli che hanno scelto di stare semplicemente dalla Sua parte. Pronti a pagare con la morte questo atto d’amore puro: “Intanto la gran folla di Giudei venne a sapere che Gesù si trovava là, e accorse non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. I sommi sacerdoti allora deliberarono di uccidere anche Lazzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù” (Gv 12,9-11).

Gesù con i Suoi Si sente l’Amato che, pur provato e stanco, ha un profondo bisogno di lasciarSi amare: “sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betania, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui gli fecero una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali” (Gv 12,1-2). Egli, che già S’era definito come Colui che serve per amore – “Perché, chi è più grande, colui che è a tavola oppure colui che serve? Non è forse colui che è a tavola? Ma io sono in mezzo a voi come colui che serve” (Lc 22,27) –, nell’imminenza della Sua Pasqua, accetta, più semplicemente, di lasciarSi servire. Se grande è l’amore di chi dona, più grande ancora è l’amore di Colui che Si dona, lasciandoSi servire. Permettendo all’altro di intuire il valore inestimabile della Sua stessa fragilità. Il Figlio di Dio, che sta al principio dell’amore (“Dio è amore”, 1Gv 4,8), proprio in quest’‘ora’ decisiva, stende la Sua stessa mano, per poterci insegnare come si ama davvero: “Or prima della festa di Pasqua, Gesù, sapendo che era venuta per lui l'ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13,1).

E attorno a Gesù – perché “io ho fatto loro conoscere il tuo nome, e lo farò conoscere, affinché l'amore del quale tu mi hai amato sia in loro, e io in loro” (Gv 17,26) – stanno coloro che L’hanno amato così. Che hanno rischiato di amarLo così. Di volerLo amare così alla follia. Senza ritorni. Senza le riserve o i calcoli di Giuda (Gv 12,4-8).
C’è Marta, anzitutto. Così spiccatamente predisposta al servizio: “Marta serviva” (Gv 12,2, come anche Lc 10,38-41). Ma soprattutto c’è Maria, che compie il gesto più delicato che i vangeli conoscano nei confronti di Gesù: “presa una libbra di olio profumato di vero nardo, assai prezioso, cosparse i piedi di Gesù e li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì del profumo dell'unguento” (Gv 12,3). Ancor prima di comprendere il senso simbolico di questo gesto, conta gustarlo nella sua immediatezza. Anche solo per la carica di affetto sublime che emana. Come il profumo che riempie di un senso nuovo la casa. C’è davvero tutta la fragranza della Sua Pasqua.
Ma, soprattutto, Maria è colei che sa stare comoda ai piedi dell’Amato, come già tempo prima, “sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola” (Lc 10,39). Colei che sa propriamente stare, discreta, sulla soglia dell’Amore. Come Maria di Magdala, che “se ne stava fuori vicino al sepolcro a piangere” (Gv 20,11). Sempre in ascolto. In accogliente attesa. Del resto di lei non si registra una parola. La sola esemplarità del suo gesto ci induce ad amare Colui che, proprio perché così Amato, ci condurrà al cuore, alla pienezza dell’amore (Gv 15,9).

E’ a Lui, dunque, che dobbiamo saper guardare in modo diretto. Sapendo che, nei confronti della Sua stessa fragilità, ci è chiesto un atto di tenerezza e di amore. E se mai ci fosse data la grazia di accorgerci che anche qualcun altro Lo ama, lasciamolo fare, semplicemente: “Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri li avete sempre con voi, ma non sempre avete me” (Gv 12,8). Infinite sono le strade dell’amore. Diceva Pascal: “Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce” (Pensieri, 146).

Con questo spirito, dunque, ci inoltriamo nella Settimana che nel Triduo Pasquale trova il suo cuore. Sapendo che all’amore non servono tante parole. Basta anche solo uno sguardo. Com’è bella e affascinante questa Pasqua di Gesù che sta per iniziare.

Buona domenica anche a tutti voi.
don Walter Magni

1 commento:

Anonimo ha detto...

Cari amici un profumo prezioso e ineffabile si sparge in ogni dove, raggiungendoci nelle nostre profondità, nelle debolezze del nostro quotidiano: è il profumo dell'amore di Gesù per l'uomo, che sentendosi amato da noi si dona fino alla fine!
è un profumo che invade le nostre storie, che guida i nostri passi e alimenta il senso della nostra vita.Il risultato più grandioso per me di questo amore è la decisione di sposarsi, di immergerci totalmente nell'amore agapico di Dio verso la persona prescelta.
Efesini 5:22-30" per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola.Questo mistero è grande, lo dico in riferimento a Cristo e alla sua Chiesa!"
L'amore non conosce calcoli nè compromessi, è unione indissolubile con l'altro che viene costantemente alimentata dal sacro cuore di Gesù. Tra me e la mia donna vi è Cristo che alimenta il nostro desiderio e ci aiuta nella purificazione da tutte le bassezze di cui la nostra vita trabocca.
Fuori da questa logica dell'amore , che facendosi pane si fa mangiare nella cena di Betania diventando nostro nutrimento, sussiste un odore nauseabondo di morte che vive solo per i propri interessi, che non si interessa dell'altro!
Da tutto il mondo il vento ci trasporta odori putrefatti di guerre dichiarate nobili , ma che rasentano la putrefazione dell'amore( guerra in Afghanistan ed in Iraq). Puzza insopportabile di meccanismi economici che perpetuano un divario economico fra nord e sud del mondo indescrivibile!
Odore ripugnante di chi sotto il vessillo del cristianesimo indossa le vesti della mondanità e del potere, della forza e dell'arroganza, escludendo la via maestra di chi: DA RICCO CHE ERA SI FECE POVERO.
Svuotando il mio io e eliminando qualsiasi spazio di egoismo che si frappone fra me e la mia lei, rimane solo lo spazio dell'amore da vivere con lo sguado rivolto a Gesù.
Il nostro amore è chiamato a modellarci e a crescere sull'amore di Gesù.Abbandoniamoci a Lui e nulla verrà sprecato del nostro gesto! alberto mori

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