mercoledì 21 marzo 2007

Quinta Domenica di Quaresima Rito Ambrosiano

Silvano Redaelli, Gesù disceso nell’Ade proclama la risurrezione

Giovanni 11,1-45: [1]Era allora malato un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella. [2]Maria era quella che aveva cosparso di olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato. [3]Le sorelle mandarono dunque a dirgli: «Signore, ecco, il tuo amico è malato». [4]All'udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato». [5]Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro. [6]Quand'ebbe dunque sentito che era malato, si trattenne due giorni nel luogo dove si trovava. [7]Poi, disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». [8]I discepoli gli dissero: «Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». [9]Gesù rispose: «Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo; [10]ma se invece uno cammina di notte, inciampa, perché gli manca la luce». [11]Così parlò e poi soggiunse loro: «Il nostro amico Lazzaro s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo». [12]Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se s'è addormentato, guarirà». [13]Gesù parlava della morte di lui, essi invece pensarono che si riferisse al riposo del sonno. [14]Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto [15]e io sono contento per voi di non essere stato là, perché voi crediate. Orsù, andiamo da lui!». [16]Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse ai condiscepoli: «Andiamo anche noi a morire con lui!».
[17]Venne dunque Gesù e trovò Lazzaro che era già da quattro giorni nel sepolcro. [18]Betània distava da Gerusalemme meno di due miglia [19]e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle per il loro fratello. [20]Marta dunque, come seppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. [21]Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! [22]Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà». [23]Gesù le disse: «Tuo fratello risusciterà». [24]Gli rispose Marta: «So che risusciterà nell'ultimo giorno». [25]Gesù le disse: «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; [26]chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?». [27]Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo».
[28]Dopo queste parole se ne andò a chiamare di nascosto Maria, sua sorella, dicendo: «Il Maestro è qui e ti chiama». [29]Quella, udito ciò, si alzò in fretta e andò da lui. [30]Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. [31]Allora i Giudei che erano in casa con lei a consolarla, quando videro Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono pensando: «Va al sepolcro per piangere là». [32]Maria, dunque, quando giunse dov'era Gesù, vistolo si gettò ai suoi piedi dicendo: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». [33]Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse: [34]«Dove l'avete posto?». Gli dissero: «Signore, vieni a vedere!». [35]Gesù scoppiò in pianto. [36]Dissero allora i Giudei: «Vedi come lo amava!». [37]Ma alcuni di loro dissero: «Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?».
[38]Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra. [39]Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose Marta, la sorella del morto: «Signore, già manda cattivo odore, poiché è di quattro giorni». [40]Le disse Gesù: «Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?». [41]Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. [42]Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato». [43]E, detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!». [44]Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario. Gesù disse loro: «Scioglietelo e lasciatelo andare».
[45]Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di quel che egli aveva compiuto, credettero in lui.


Cari amici e care amiche,

Il credo cristiano – cioè la professione della nostra fede in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo – ha il suo vertice nell’affermazione: “Credo la risurrezione della carne” (art. 11). Cioè: nel fatto che, come Cristo è veramente risorto dai morti e ora vive per sempre, così anche noi, dopo la morte, siamo immessi nella possibilità di vivere per sempre con Lui. Paolo afferma infatti: “Se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi” (Rm 8,11).

Proviamo, dunque, a considerare l’episodio della risurrezione di Lazzaro (Giovanni 11,1-45), per riuscire a comprendere i tratti fondamentali della risurrezione secondo Gesù. Il rischio, infatti, è che anche per molti cristiani la realtà della risurrezione risponda più all’esigenza dell’immortalità che non al suo significato evangelico. Se credere nella risurrezione fosse solo un espediente per andare ‘oltre la morte’ – con l’anima, come già diceva il filosofo Platone, o anche con il nostro corpo (o carne) come pure afferma l’Islam: Allah, infatti, “ridarà vita alle ossa polverizzate” – non abbiamo ancora colto il nucleo della fede cristiana. La risurrezione “della carne” la si comprende non a partire dal nostro desiderio di andare ‘oltre’ la morte, ma nell’accogliere quel senso nuovo della vita, secondo il Vangelo, che proprio Gesù risorto ci vuole donare. Come anche Lui è stato raggiunto dal desiderio affettuoso del Padre Suo di averLo per sempre accanto a Sé, facendoLo sorgere da morte “per opera dello Spirito Santo”.
Perché Gesù fa risorgere Lazzaro? Per amore. Per il grande affetto che, in quanto amico, gli portava. Infatti “Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro” (Gv 11,5). Questo spiega il Suo pianto sincero davanti alla tomba: “Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò (…). Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al sepolcro” (Gv 11,33.38). E il tono accorato della Sua preghiera: “Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato” (Gv 11,41-42).

C’è però un dato fondamentale: per accogliere il dono della Sua risurrezione, è decisivo partecipare anche della Sua morte. Un passaggio delicato, che chiede anche a noi di imparare, nei giorni che passano, a morire per amore. Non per inesorabile adattamento alla realtà delle cose. Si tratta di esercitarci costantemente in un amore sempre più grande. Del resto, l’episodio che stiamo leggendo lo testimonia bene. Anzitutto si tratta di comprendere che la malattia non termina con la morte: “Le sorelle mandarono dunque a dirgli: ‘Signore, ecco, il tuo amico è malato. All’udire questo, Gesù disse: ‘Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato’” (Gv 11,3-4).
Poi è Gesù stesso, che in un impeto d’amore, lascia ogni discussione e va incontro anche alla Sua possibile morte: “Poi, disse ai discepoli: ‘Andiamo di nuovo in Giudea!’. I discepoli gli dissero: ‘Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?’ (…), Allora Gesù disse loro apertamente: ‘Lazzaro è morto e io sono contento per voi di non essere stato là, perché voi crediate. Orsù, andiamo da lui!’. Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse ai condiscepoli: ‘Andiamo anche noi a morire con lui!’”. (Gv 11,7-8. 14-16).
E, in questa prospettiva, andrebbe pure compreso il dialogo di Gesù con Marta, che sembrava persino rimproverarLo per non essere arrivato per tempo a salvare suo fratello, ma “Gesù le disse: ‘Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?’” (Gv 11,25-26). Anzi, alcuni Giudei che avevano assistito al pianto di Maria e di Gesù, si permetteranno addirittura di dire: “‘Vedi come lo amava!’ Ma alcuni di loro dissero: ‘Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?’” (Gv 11,36-37).
Fino alla accettazione certa della morte, prima di sconfiggerla definitivamente: “Disse Gesù: ‘Togliete la pietra!’. Gli rispose Marta, la sorella del morto: ‘Signore, già manda cattivo odore, poiché è di quattro giorni’. Le disse Gesù: ‘Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?’” (Gv 11,39-40).

Non si tratta di esercitarsi a morire perché ‘dobbiamo morire’, ma di imparare a morire per amore, come Gesù ci ha insegnato: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (Gv 15,16). Questo ci introduce definitivamente nella Sua risurrezione. C’è una bellissima antifona della liturgia ambrosiana che canta così: “Morivo con te sulla Croce, oggi con te rivivo; con te dividevo la tomba, oggi con te risorgo. Donami la gioia del regno, Cristo, mio Salvatore” . Per questo, a Marta che voleva comprendere le Sue parole, Gesù risponde non teorizzando la risurrezione, ma dicendole: “Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno” (Gv 11,25).

Che il vostro cuore si riempia della Sua gioia. Che la vostra vita sia ricolma della Sua speranza.

don Walter Magni

2 commenti:

Terri ha detto...

"Un passaggio delicato, che chiede anche a noi di imparare, nei giorni che passano, a morire per amore".
Oltre a morire fisicamente, penso si possa morire per amore "vivendo con amore",in un dialogo continuo con Dio, che ci porta inevitabilmente a "vedere" l'altro. Fino a non poter più vivere per se stessi.

Anonimo ha detto...

DORMIAMO IN UN SONNO MALEFICO, che ci tarpa le nostre ali d'amore!
Inchiodati dalle nostre paure, ci muoviamo solo a far del male con "missioni di pace" che usano le armi e nel nostro piccolo con il non accogliere il nostro prossimo!
L'amore c'è e si muove per venirci incontro e bussare nei nostri peccati !
Si commuove per la nostra schiavitù e ci libera donandoci se stesso.
Tempo nuovo di conversione del cuore e da fratelli gridiamo a Dio grazie della vita che ci hai donato, lucente, aperta al Padre e ai fratelli!
Tempo di preghiera per chi credendo di agire a fin di bene uccide( il mio sguardo va ai terroristi che in nome dell'Islam sgozzano e ai militari occidentali che credendo di avere Dio dalla propria parte sferrano offensive cruenti!) e per noi che Dio ci faccia uscire dal nostro sepolcro e dai nostri mali! Alberto Mori