martedì 25 dicembre 2007

Natale del Signore


Giotto, Il presepe di Greccio (Storie di San Francesco nella Basilica superiore di Assisi)


Luca 2,1-14: [1]In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. [2]Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. [3]Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. [4]Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, [5]per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. [6]Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. [7]Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo. [8]C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge. [9]Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, [10]ma l'angelo disse loro: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: [11]oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. [12]Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia». [13]E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva: [14]«Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama».
Cari amici e care amiche,

In riferimento alla celebrazione del Natale del Signore è bene affermare subito che la salvezza non è un’idea astratta, fuori dello spazio e del tempo, ma documentata da fatti precisi e databili. Per questo Luca sceglie di riferirsi al primo censimento che Cesare Augusto estende a tutti i territori del dominio romano, conferendo ad essi una solida struttura economico-politica. In questo modo i sudditi venivano contati per riscuotere le tasse e per poterne poi disporre per la guerra.
Siamo, dunque, davanti a una superba esaltazione del potere dell’uomo sull’uomo. Questo censimento è addirittura il primo di tutto l’universo: “In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città.” Un atto che comportava una vera e propria iscrizione o registrazione.
Il Messia tanto atteso entra e nasce in questa storia impastata di sopraffazione e di male portando non la logica del potere, ma del servizio, non della guerra e dell’occupazione violenta, ma della pace. Proprio in questo senso il kairòs – il tempo propizio – della salvezza, è anche quello più inopportuno e improbabile secondo la logica umana. Dio, dunque, è sovranamente libero di servirsi di tutto con grande fantasia, per mostrare la Sua fedeltà e il Suo amore per l’uomo, per ogni uomo.

Giuseppe e Maria obbediscono così alle leggi del potere e delle imposizioni degli uomini. Ma proprio nell’obbedienza ai capricci di Cesare Augusto si compie il disegno d’amore più bello che la fantasia di Dio sia mai riuscita a concepire: “Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta”.
In che termini questa obbedienza potrebbe essere richiesta nel piano di salvezza? Fin dove? E’ un problema che ha occupato la riflessione della Chiesa sin dal suo inizio e trova una linea di soluzione anzitutto nel comportamento libero di Gesù che non Si è schierato né con gli zeloti rivoluzionari che avrebbero voluto abbattere il potere romano, né con i collaborazionisti. La Sua è stata una scelta di solidarietà con l’uomo, rimanendo dalla parte dei più deboli e dei più poveri.
Anche il cristiano vive in questo mondo e obbedisce alle sue leggi con libertà, chiedendo che in quella obbedienza non venga contraddetto lo Spirito autentico di Gesù. Solo in questo caso, infatti, si porrebbe la necessità del martirio, perché, come affermavano Pietro e Giovanni ai loro giudici: “Giudicate voi se è giusto, davanti a Dio, ubbidire a voi anziché a Dio” (Atti 4,19). Del resto, anche Gesù, “Benché fosse Figlio, imparò l’ubbidienza dalle cose che soffrì” (Ebrei 5,8).

Partendo da Nazaret, in obbedienza all’editto imperiale, “mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto”. Proprio “in quel luogo” si realizza la promessa del Signore. Il compiersi dei “giorni del parto” inizia la realizzazione della presenza di Dio con gli uomini. Inizia un tempo che tende alla pienezza: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino” (Mc 1,15). Per questo, dalla croce che compie il Suo sacrificio, Gesù dirà: “Tutto è compiuto” (Gv19,30).
Pertanto, è questo il fatto che sta al centro del mondo, non il primo grande censimento della storia. Che il Creatore Si doni così alla Sua creatura diventa il punto centrale di lettura del tempo, che si trova ad essere diviso davvero in un prima e in un dopo. Se solo prima di questa nascita il fine dell’uomo era quello di riuscire a raggiungere Dio andando verso di Lui, dopo la nascita di Gesù è Dio stesso che ci raggiunge, dando compimento al Suo fine, al Suo scopo.
Ecco che Maria “Diede alla luce il suo figlio primogenito”. Il figlio di Dio, che ora è anche figlio dell’uomo, è chiamato ormai “primogenito” a pieno diritto. Primogenito di tutte le creature (Col 1,15) e “primogenito fra molti fratelli” (Rm 8,29). Già nel II secolo, del resto, è documentata la tradizione della Sua nascita in una grotta, come in una grotta verrà deposto il Suo corpo dopo la crocifissione (Gv 19,41). Dall’umiltà della terra della nascita all’umiltà della terra della Sua morte.

Inizia così l’estasi, la grande contemplazione di Maria: “lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo”. Così che anche noi, guardando a Maria, possiamo entrare in questa esperienza addirittura tattile dell’Emmanuele, cioè di Dio con noi. La conoscenza attraverso il tatto comporta infatti una fusione di profumo e di gusto. La stessa che si verificherà nella deposizione dalla croce e nel dono eucaristico del Suo corpo dato a noi nella cena.
Anche gli stessi gesti di Maria sono ad un tempo nobili e semplici: “lo avvolse in fasce”. Dio è così affidato pienamente, senza riserve, alle mani di una donna che lo accudisce fasciandoLo con tenerezza estrema. Ma poi “lo depose in una mangiatoia”, sdraiandoLo proprio nel luogo dove normalmente viene messo ciò che poi sarà mangiato dagli animali ricoverati nella grotta. Lui, “il pane vivente che è disceso dal cielo” (Gv 5,51), è deposto nel luogo dove si nutrono le bestie.
E questa è la ragione profonda: “non c’era posto per loro nell’albergo (katàlima)”. Lo stesso termine usato nell’ultima cena, quando Gesù darà se stesso in cibo ai Suoi: “e direte al padrone di casa: il Maestro ti dice: ‘dov’è la stanza (katàlima) in cui posso mangiare la Pasqua con i miei discepoli?’” (Lc 22,11). E’ inevitabile cogliere, da questi dettagli, il carattere passionale della nascita di Gesù. In questo senso, infatti, Luca col suo vangelo è i grande iconografo di Gesù.

Inizia così una seconda sezione del brano proposto dalla liturgia odierna: “C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge”. Sappiamo che i pastori appartengono a una categoria sociale infima. La stessa classe sociale dei poveri delle beatitudini, ai quali appartiene di diritto il Regno dei cieli (Mt 5,3). In questo senso, dunque, questi pastori sono introdotti per primi a riconoscere che proprio quel piccolo bambino è il Figlio di Dio.
Per questo “Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento, ma l'angelo disse loro: ‘Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore’”. Ci sono gli stessi tratti dell’annuncio a Maria: spavento, invito a non temere, l’annuncio dell’inizio con oggi dell’e-vangelo, cioè un annuncio pieno di gioia.
Il segno è ormai inequivocabile: “troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”. Questo bambino è, infatti, il segno della salvezza. Dio, in Gesù, è ormai Colui del quale non si può pensare nulla di più piccolo, perchè “il più piccolo tra voi, questi è il più grande” (Lc 9,48). In questo senso “subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva: ‘Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama’”.

Nessun commento: