sabato 5 maggio 2007

V Domenica di Pasqua - 6 maggio 2007

Duccio da Buoninsegna, Cristo si congeda dagli Apostoli (1308-11)

Giovanni 13,31-33.34-35: [30]Preso il boccone, egli subito uscì. Ed era notte. [31]Quand'egli fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui. [32]Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. [33]Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete, ma come ho già detto ai Giudei, lo dico ora anche a voi: dove vado io voi non potete venire. [34]Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. [35]Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri.


Cari amici e care amiche,

in queste domeniche ci stiamo domandando: come Gesù risorto si è mostrato ai Suoi? Anche se, per sé, il brano evangelico che sarà proposto domenica prossima (V di Pasqua, 6 maggio 2007), è tratto dal colloquio di Gesù con i discepoli durante l’Ultima Cena (Gv 13,31-33.34-35). Una pericope che, collocata subito dopo ‘la lavande dei piedi’ (Gv 13,11-20) e l’annunzio del tradimento di Giuda (Gv 13,21-30), prelude anzitutto più all’imminenza della morte che non alla gloria della risurrezione.

Se nelle prime domeniche di Pasqua sono state proposte alla nostra attenzione tre apparizioni di Gesù risorto (Gv 20,1-18; 20,19-31 e 21,1-19) e domenica scorsa una lettura pasquale dell’immagine del Buon Pastore (Gv 10,27-31), con domenica prossima la nostra relazione col Risorto non è più affidata alla forza di alcuni segni o di una immagine, ma alla capacità convincente della Sua stessa parola. Come se Gesù, prima di morire, volesse rispondere a questa domanda, parlando ai Suoi: cosa vi resterà da fare dopo la mia morte, per annunciare a tutti che sono davvero risorto? “Vi do un comandamento nuovo; che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34).
Ma per addentrarci nel significato propriamente pasquale del comandamento dell’amore (Gv 13,34-35), è bene guardare anche al contesto prepasquale nel quale viene proclamato (Gv 13,30-31) e anche al linguaggio che Gesù usa per dire della Sua risurrezione (Gv 13,31-33).

All’inizio del brano, infatti, si dice: “Quand’egli fu uscito” (Gv 13,31), riferendosi a quanto Giuda aveva fatto poco prima: “preso il boccone, egli subito uscì. Ed era notte” (Gv 13,30). Ma, uscire dalla stanza nella quale si trova Gesù coi Suoi – da dove si sta irradiando la luminosità della Sua Pasqua –, significa purtroppo ‘entrare’ nelle tenebre della notte. Gesù, infatti, è “la luce degli uomini” che “splende nelle tenebre” (Gv 1, 4-5) e andarsene da dove Lui, il Figlio di Dio, è già entrato – “Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,8) – comporta abbandonare il senso stesso dell’umanità. Egli, infatti, facendoSi uomo ha rischiarato l’umanità, rendendola se stessa. Qualificandola proprio con la Sua morte e risurrezione. Giuda, allontanandosi da dove Gesù esprimerà pienamente, secondo il cuore di Dio stesso, il significato dell’umanità, si avvia inesorabilmente in scelte disumane, come il tradimento di Lui e l’annientamento di sé.

Ma se il Risorto, dopo la morte, apparirà ai Suoi dimostrandoSi attraverso dei segni, in questo contesto prepasquale è Gesù stesso che ci parla della Sua risurrezione, con una spiegazione verbale di ciò che sta per accadere: “Ora il Figlio dell'uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. Figlioli, ancora per poco sono con voi” (Gv 13,32-33).
C’è la voluta ripetizione dei termini “glorificato” e “glorificherà”, mentre il tono del Suo linguaggio è affettuoso e familiare. Ma Gesù sta ormai dicendo, in questo modo, della Sua glorificazione-risurrezione, cioè il senso realizzato della Sua esistenza, pienamente espresso nella relazione col Padre Suo. La vittoria sulla morte, cioè la Sua risurrezione, è il compimento stesso di questa relazione. Il ricongiungimento ‘glorioso’ di Lui col Padre Suo.
Addentrarsi, dunque, nella profondità della Sua Pasqua, così come con l’incarnazione Lui è entrato nella nostra umanità, significa accogliere quelle stesse parole che vengono proprio dalla pienezza e dall’esuberanza del Suo cuore. Così come di lì a poco pregherà dicendo: “Padre, è giunta l’ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te” (Gv 17,1).

Se poco prima Giuda se n’è andato (Gv 13,30-31), ora è Gesù che Se ne va: “Figlioli, ancora per poco sono con voi” (Gv. 13,33). Se non è difficile intuire la velata malinconia che Gesù ha per i Suoi, è chiaro tuttavia che il senso ultimo del Suo andare altro non è che amore: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri” (Gv 13,34). La Sua Pasqua trova piena espressione e misura nell’amore. Infatti: “come io vi ho amati, così amatevi anche voi gli uni gli altri”.
Se per un verso Gesù muore per amore, questa Sua morte trova ‘compimento’ nell’amore tra i Suoi. Come già aveva detto stando seduto a tavola con loro: “fate questo in memoria di me” (Lc 22,19); ripetendolo, dopo aver lavato loro i piedi: “Se dunque io, che sono il Signore e il Maestro, vi ho lavato i piedi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri” (Gv 13,14).
Le variegate modalità dell’amore umano trovano qui un punto di non ritorno. Dal racconto della Sua Pasqua in poi, amare significa, per i Suoi discepoli come anche per tutti gli uomini di buona volontà, amare così come Lui ci ha amati. Così come ama Dio, che altro non è che Amore.

Pertanto, la partecipazione domenicale alla Sua eucaristia che, di domenica in domenica, diventa anche nostra, è, lungo la storia dell’umanità, l’affermazione evidente che Gesù è davvero risorto da morte: “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri”.

Un cordiale saluto a tutti.

don Walter Magni

1 commento:

Anonimo ha detto...

Cari amici quale immagine di Dio abbiamo nei nostri occhi? E come Dio realmente si manifesta all'uomo? Sono domande che bisogna porsi per scavare nelle fonti divine che sono in noi.
DIO è onnipotente e per ciò dovrebbe mettere ogni cosa a suo posto, ma allo stesso tempo Dio è amore e amandoci ci lascia la piena libertà di distruggere il progetto che LUI ha per noi!
Dio ,nel momento massimo di dono di sè per l'umanità nuova ,mostra come la forza dell'amore costituisca la vera gloria di Dio: l'immagine di Dio che io ho è GESù in croce che mi ama fino alla fine e che non finisce mai di farmi sentire la sua passione per me!
Dio è unico perchè capace di manifestarsi nelle vesti di servo sofferente che offre i suoi servizi per tutti, nessuno escluso( mentre noi a volte escludiamo lui o l'altro perchè non ci piacciono!)e che nell'amore infinito che ha per noi ci vorrebbe fratelli gli uni verso gli altri senza confini da difendere o barriere da ergere!
Do è amore e noi siamo testimoni dell'amore che LUI ha avuto per noi e non estrenui difensori di una dottrina religiosa da considerare come unica depositaria della verità di Dio , sebbene il cristianesimo rispetto alle altre religioni rilevate serba una sostanziale differenza: Dio incarnato per amore e corpo spezzato per noi!Alberto Mori ristorante canto sesto