giovedì 10 maggio 2007

Sesta Domenica di Pasqua - 13 maggio 2007

l’Ultima cena, Mario Bogani

Giovanni 14,23-29: [23]Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. [24]Chi non mi ama non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato. [25]Queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi. [26]Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto. [27]Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. [28]Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me. [29]Ve l'ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi crediate.

Cari amici e care amiche,
già domenica scorsa Gesù affermava nel Vangelo che l’amore è il segno più alto della Sua Pasqua: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,34-35). Con domenica prossima (VI di Pasqua, 13 maggio 2007)), Gesù ci descriverà i dinamismi più profondi e intimi dell’amore di Dio (Gv 14,23-29).

Se dovessimo, infatti, fare dell’amore la chiave interpretativa della vita di un uomo, dopo aver evidenziato che è di tutti sperimentare il bisogno innato d’essere amati, determinante è poi il passaggio dal desiderio di poter sperimentare un amore caratterizzato dalla reciprocità all’amore gratuito proprio del cuore stesso di Dio.
Ma come giungere a un amore così alto? Gesù, rispondendo dirà: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23). Accettando di rispondere all’amore per Gesù (“Se uno mi ama”), non si fa che osservare quanto già ci aveva comandato di fare (“Vi do un comandamento nuovo….” Gv 13,35), entrando così in una profonda intimità con Dio stesso, sperimentando addirittura la Sua inabitazione in noi: “il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”.

Ma è chiaro che si tratta di una relazione così profonda dei Suoi discepoli con la pienezza di Dio che può essere attuata solo “per opera dello Spirito Santo” (Mt 1,18). Per questo Gesù prosegue dicendo: “queste cose vi ho detto quando ero ancora tra voi. Ma il Consolatore, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto” (Gv 14,25-26). In questo senso “il Consolatore”, cioè il ‘difensore’, l’aiutante per eccellenza), non intende propriamente aggiungere qualcosa a quanto Gesù ci ha già detto con la Sua esistenza a riguardo di Dio, ma Suo compito è piuttosto quello di aiutarci a fare memoria viva e reale della Parola con la quale Dio ci ha amati: “Perché Dio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figlio, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna” (Gv 3,16). Ci si accorge così che l’amore, di sua propria natura, non aggiunge, ma piuttosto scava, riportando gli amanti in gioco (i discepoli di Gesù) alla sorgente stessa di questa singolare relazione. I Suoi discepoli non hanno il compito di inventare l’amore, ma di continuare a riproporlo al mondo, esprimendosi nelle infinite sfaccettature dell’affidamento.

Di conseguenza, essere così abitati dall’amore di Dio significa sperimentare la pace: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore” (Gv 14,27). Ci è dato così di comprendere davvero il senso dell’augurio di pace che Gesù risorto farà ai Suoi, mentre si trovavano rinchiusi nel Cenacolo per paura dei Giudei, quando: “la sera di quello stesso giorno (…), Gesù venne e si presentò in mezzo a loro, e disse: ‘Pace a voi” (Gv 20,19.21).
Una pace che differisce dalla pace mondana: “non come la dà il mondo, io la do a voi”. Che non coincide col pacifismo o l’irenismo. Essendo frutto anzitutto di un amore teologico, si caratterizza come qualcosa che va “sino alla fine” (Gv 13,1), raggiungendo la sua massima espressione nel dono di sé: “Sino alla morte e alla morte di croce” (Fil 2,8).

La volontà del Padre, cioè la relazione definitiva di Gesù con Lui, è così determinante per Gesù, che neppure sembra dare peso alla sofferenza e alla morte che Lo attendono. Anzi, quasi volesse infondere questo atteggiamento di abbandono anche nei Suoi, li provoca addirittura ad esprimere la stessa tensione d’amore propria del cuore di Dio: “Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché il Padre è più grande di me. Ve l'ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi crediate” (Gv 14,28).
Del resto, è straordinario che l’evangelo di Giovanni ci consegni, caratterizzato da questa pregnanza, il significato della Pasqua di Gesù, usufruendo proprio del contesto che precede immediatamente la Sua morte e risurrezione. Ma questo è pure quanto avviene in occasione della nostra partecipazione all’Eucaristia domenicale. Per un verso, raccogliamo già il frutto della morte e risurrezione di Gesù, per un altro, in vigile attesa di Lui (“annunciamo la tua morte Signore, proclamiamo la tua risurrezione, in attesa della tua venuta”), ci disponiamo già a morire d’amore per Lui. Come Lui, se fosse necessario. Accogliendo così, concretamente, di domenica in domenica, il dono stesso, il frutto straordinario e bellissimo, della Sua risurrezione: “Ve l’ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi crediate” (Gv 14,29).

La Sua pace vi riempia il cuore e la gioia del Suo amore splenda ancora sul vostro volto.
Buona domenica.

don Walter Magni

1 commento:

Anonimo ha detto...

Cari amici l'incontro con Gesù e la sua parola di verità ci rende liberi da tante catene che ci rendono schiavi: apre la nostra mano chiusa in un egoismo insostenibile; fa camminare i nostri piedi ormai da troppo tempo bloccati da paure inesistenti; ci da occhi per vedere la bellezza presente nel mondo superando quei quadri pessimistici che pseudo religiosi ci disegnano ogni giorno; ci libera le orecchie da tutte quelle menzogne urlate da ogni dove per farci disporre all'ascolto dell'ALTRO.
Gesù ci porta ad inserirci nella comunione sua con il Padre, ci strappa da una storia carica di violenza e di sopraffazione degli uni verso gli altri per condurci in una dimensione di amore gratuito che ci dona l'unica pace che fa per noi!
La pace di Gesù è un corpo, una mente, uno spirito avvolti dall'amore del creatore e disponibili ad essere modellati da LUI! Ogni discorso sulla pace degli uomini( che troppo spesso si fonda sulla legge del più forte che una volta uccisi tutti impone la sua pace con le sue condizioni) viene a scemare d'innanzi alla pace escatologica che ci attende e nel frattempo la non violenza è l'unico mezzo per costruire nel quotidiano i tasselli per un mosaico di pace che possa racchiudere le diversità che emergono nel presente! Alberto mori ristorante canto sesto milano