giovedì 24 maggio 2007

Domenica di Pentecoste - 27 maggio 2007

“Vieni, Santo Spirito”


Giovanni 20,19-23: [19]La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: «Pace a voi!». [20]Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. [21]Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi». [22]Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: «Ricevete lo Spirito Santo; [23]a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi».

Atti 2,1-11: [1]Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. [2]Venne all'improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. [3]Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; [4]ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d'esprimersi. [5]Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo. [6]Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua. [7]Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: «Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? [8]E com'è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? [9]Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell'Asia, [10]della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma, [11]Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio». [12]Tutti erano stupiti e perplessi, chiedendosi l'un l'altro: «Che significa questo?». [13]Altri invece li deridevano e dicevano: «Si sono ubriacati di mosto».

1 Corinzi 12,3-7.12-13: [3]Ebbene, io vi dichiaro: come nessuno che parli sotto l'azione dello Spirito di Dio può dire «Gesù è anàtema», così nessuno può dire «Gesù è Signore» se non sotto l'azione dello Spirito Santo. [4]Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; [5]vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; [6]vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. [7]E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune: [8]a uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio di scienza; [9]a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a un altro il dono di far guarigioni per mezzo dell'unico Spirito; [10]a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di distinguere gli spiriti; a un altro le varietà delle lingue; a un altro infine l'interpretazione delle lingue. [11]Ma tutte queste cose è l'unico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole. [12]Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo. [13]E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito.


Cari amici e care amiche,

se l’Ascensione, con l’immagine di Gesù che sale al cielo, descriveva l’intima comunione d’amore tra Gesù e il Padre, che scaturisce dalla Sua stessa Pasqua (“io e il Padre siamo uno”, Gv 10,30), domenica prossima (27 maggio 2007), solennità di Pentecoste, l’accento celebrativo cadrà di conseguenza sull’effusione di questo amore sulla Chiesa, perché si diffonda presto nel mondo.

Le immagini della Parola della liturgia sono diverse. Il Vangelo di Giovanni (20,19-23), collocando l’effusione dello Spirito al termine del giorno di Pasqua (“la sera di quello stesso giorno”, Gv 20,19) descrive l’effusione e la diffusione dello Spirito Santo come voluta espressamente da Gesù: “disse loro di nuovo: ‘Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi’. Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: ‘Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi’” (Gv 19,21-23); Luca, che invece colloca l’episodio al termine della sequenza cronologica del cinquantesimo giorno (Pentecoste)[1], dice: “Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi” (At 2,1-4).

Chi è, dunque, lo Spirito Santo che Gesù dona al termine della Sua Pasqua? Come rappresentare la Sua persona, il Suo essere proprio? Delle tre Persone divine lo Spirito è il più misterioso, anche per i molti linguaggi teologici che hanno cercato di descriverLo. Del Padre, infatti, conosciamo i lineamenti descritti da Gesù, le cui caratteristiche possono essere avvicinate alla figura umana della ‘paternità’. Il Figlio poi, incarnandoSi, è diventato ‘uomo’, come noi. Ma dello Spirito Santo, invece, non si dà una rappresentazione adeguata. Possiamo, tuttavia, intravederne il mistero attraverso i simboli o le immagini proposte dalla Scrittura e dalla Tradizione della Chiesa: il vento e il soffio; la colomba e il fuoco; l’olio dell’unzione e l’acqua; il Paraclito; il dono.
Ma se poi volessimo andare alla radice di queste immagini e di questi simboli, allora, anche da un punto di vista linguistico, è bene fare un salto qualitativo, immergendoci in un clima più contemplativo, fatto di grande meraviglia e stupore. Giungendo così ad affermare, pieni di ammirazione, che lo Spirito Santo è semplicemente ‘Amore’. Risuona così quanto già S. Agostino aveva affermato nel ‘De Trinitate’: se il Padre è ‘eterno Amante’, il Figlio l’‘eternamente Amato’, lo Spirito Santo altro non è che ‘Amore’. Un amore che è “per sempre”, caratterizzato dell’indissolubilità stessa dell’amore del Padre e del Figlio.

Amore incontenibile che Si effonde e Si diffonde. Effuso sulla realtà dei discepoli di Gesù risorto, riuniti come Chiesa, può così diffonderSi per il mondo intero. Lungo la storia degli uomini. In questo senso, anzitutto, Paolo parla proprio del ‘frutto’ dello Spirito: “Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mansuetudine, autocontrollo” (Gal 5,22); e la tradizione della Chiesa ha proposto continuamente il tema dei doni dello Spirito Santo. Proprio in questo senso la liturgia della parola di Pentecoste, riferisce questo passo: “Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune” (1Cor 12,4-7).

Cosa può significare, dunque, partecipare all’Eucaristia di Gesù nel giorno solenne di Pentecoste? Permettere che lo Spirito Santo innesti nella nostra esistenza di discepoli il frutto già maturo della Pasqua di Gesù. Per questo è fondamentale invocare lo Spirito dal Padre, ad esempio con le stesse parole della preghiera eucaristica III: “ti preghiamo umilmente: manda il tuo Spirito a santificare i doni che ti offriamo, perchè diventino il corpo e il sangue di Gesú Cristo, tuo Figlio e nostro Signore, che ci ha comandato di celebrare questi misteri”. Imparando poi a invocarLo direttamente: “Spirito che aleggi sulle acque, calma in noi le dissonanze, i flutti inquieti, il rumore delle parole, i turbini di vanità, e fa’ sorgere nel silenzio la Parola che ci ricrea. Spirito che in un sospiro sussurri al nostro spirito il Nome del Padre, vieni a radunare tutti i nostri desideri, falli crescere in fascio di luce che sia risposta alla tua luce, la Parola del Giorno nuovo. Spirito di Dio, linfa d’amore dell’albero immenso su cui ci innesti, che tutti i nostri fratelli ci appaiano come un dono nel grande Corpo in cui matura la Parola di comunione”.[2]
I molti disordini caotici che abitano la nostra esistenza siano così riordinati dalla presenza affettuosa e amorevole dello Spirito Santo.


don Walter Magni


1 commento:

Anonimo ha detto...

Cari amici credere nell'amore è l'unica strada che ci può veramente donare una vita piena!
Per un cristiano credere nell'amore è avere fede in Dio, Abba, che nel Figlio è capace di trasfigurare la nostra stessa esistenza aiutandoci ogni giorno tramite lo Spirito Santo.
Credere nell'amore è essere capaci di ascoltare la voce dello Spirito Santo, che vuole liberarci da molte nostre debolezze per forgiarci ad una nuova umanità!
Io sono estasiato per la celebrazione solenne della Pentecoste, è la festa principe delle genti, dei popoli riuniti in una comunione nella diversità!
La diversità è il cardine della mia vita, perchè essendo il centro della mia vita al di fuori di me solo nell'altro posso realmente trovare la mia identità ed essere felice!
Quando parlo di diversità mi riferisco al migrante che con la sua ricchezza illumina maggiormente il mio cammino di esodo verso il PADRE!
Io e il migrante la stessa umanità, la stessa dignità e lo stesso desiderio di vivere una vita colma di amore e allora perchè lui non ha i miei stessi diritti? (diritto al voto, ai concorsi pubblici, a una cittadinanza più agevole, al riconoscimento dei propri studi fatti nel Paese d'origine...).
Prego affinchè lo Spirito Santo soffi nel cuore dei parlamentari per tramutarlo in cuore di carne, aperto per l'approvazione di una nuova legge sull'immigrazione, che tieni più in considerazione la presenza e la storia dell'altro!

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