mercoledì 18 aprile 2007

Terza Domenica di Pasqua - 22 aprile 2007

san Tommaso - Duccio di Buoninsegna, Apparizione di Cristo sul Lago di Tiberiade (Maestà) Museo dell’opera del Duomo, Siena


Giovanni 21,1-19:

[1]Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così: [2]si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. [3]Disse loro Simon Pietro: «Io vado a pescare». Gli dissero: «Veniamo anche noi con te». Allora uscirono e salirono sulla barca; ma in quella notte non presero nulla.
[4]Quando già era l'alba Gesù si presentò sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù. [5]Gesù disse loro: «Figlioli, non avete nulla da mangiare?». Gli risposero: «No». [6]Allora disse loro: «Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete». La gettarono e non potevano più tirarla su per la gran quantità di pesci. [7]Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: «E' il Signore!». Simon Pietro appena udì che era il Signore, si cinse ai fianchi il camiciotto, poiché era spogliato, e si gettò in mare. [8]Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: infatti non erano lontani da terra se non un centinaio di metri.
[9]Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. [10]Disse loro Gesù: «Portate un po' del pesce che avete preso or ora». [11]Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si spezzò. [12]Gesù disse loro: «Venite a mangiare». E nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», poiché sapevano bene che era il Signore. [13]Allora Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede a loro, e così pure il pesce. [14]Questa era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risuscitato dai morti.
[15]Quand'ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». [16]Gli disse di nuovo: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci le mie pecorelle». [17]Gli disse per la terza volta: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi vuoi bene?, e gli disse: «Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecorelle. [18]In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi». [19]Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: «Seguimi».


Cari amici e care amiche,

domenica prossima, 22 aprile 2007, celebreremo la III domenica di Pasqua. Non siamo nelle domeniche ‘dopo’, ma ‘di’ Pasqua. Infatti, con “la sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato” (Gv 20,19) è iniziato, anche nel nostro tempo, il Suo giorno, il Giorno del Signore.

Ma Gesù Risorto Si rende presente anche nello spazio del nostro mondo. Anche in questo senso vanno lette le apparizioni dei capp. 20 e 21 di Giovanni: a Maria di Magdala, presso il sepolcro vuoto, fuori città (Gv 20,1-18); ai discepoli (e a Tommaso, “otto giorno dopo”), “in una casa di Gerusalemme (Gv 20,19-29) e, infine - siamo al brano evangelico di domenica prossima - a un gruppo di sette discepoli, presso il lago di Tiberiade, in Galilea (Gv 21,1-19).
Il Risorto non sta oltre la storia, ma S’intreccia nelle nostre vicende: dal pianto di Maria di Magdala (Gv 20,11-15), alle paura dei Suoi, che sbarrano le porte della loro casa (Gv 20,19-26), sino a sostare sulla riva del Lago di Genesaret, di buon mattino, ancora: “si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli. Disse loro Simon Pietro: ‘Io vado a pescare’. Gli dissero: ‘Veniamo anche noi con te’. Allora uscirono e salirono sulla barca; ma in quella notte non presero nulla. Quando già era l'alba Gesù si presentò sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù” (Gv 21,1-4).
Ma, dopo esserSi reso presente, come Gesù Si spiega a loro? cosa dice propriamente di Sé?

Anzitutto li raggiunge con la parola. Erano andati a pescare, “ma in quella notte non presero nulla” (Gv 21,3). Cosi, prendendo le mosse dai loro stessi fallimenti, chiede da mangiare (Lc 9,13), con qualche consiglio: “Gesù disse loro: ‘Figlioli, non avete nulla da mangiare?’. Gli risposero: ‘No’. Allora disse loro: ‘Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete’. La gettarono e non potevano più tirarla su per la gran quantità di pesci” (Gv 21,5-6).
Se Maria di Magdala, davanti al sepolcro vuoto non si scoraggia, ma subito corre a provocare i discepoli dal loro torpore (Gv 20,2), questi, nell’attesa, si scoraggiano facilmente, e come i discepoli di Emmaus (Lc 24) se n’erano già tornati al loro paese d’origine, per riprendere il lavoro di pescatori di pesci, non certo di uomini (Mt 4,19 e Mc 1,17). Per questo il Risorto riprovoca in loro il Suo riconoscimento: “Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: ‘E' il Signore!’. Simon Pietro appena udì che era il Signore, si cinse ai fianchi il camiciotto, poiché era spogliato, e si gettò in mare. Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: infatti non erano lontani da terra se non un centinaio di metri” (Gv 21,7-8). Non importa l’uniformità della risposta. Conta anzitutto sentirSi riconosciuti ancora. Come Colui che “è il Signore” (Gv 21,7) della loro esistenza.

Ma alla Parola succede l’incontro dello sguardo e della condivisione. Proprio come avviene nel contesto di un pasto dove il Suo riconoscimento diventa oggettivo e trasparente: “Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane. Disse loro Gesù: ‘Portate un po' del pesce che avete preso or ora’. Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si spezzò. Gesù disse loro: ‘Venite a mangiare’. E nessuno dei discepoli osava domandargli: ‘Chi sei?’, poiché sapevano bene che era il Signore. Allora Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede a loro, e così pure il pesce” (Gv 21,9-12).
Saper riconoscere la Sua voce è importante (Gv 20,16). Ma è nel gesto eucaristico, nel dono totale di Sé, che è possibile riconoscere pienamente Gesù come il Signore Risorto. Oltre ogni segno, perché nell’eucaristia quel pane e quei pesci sono proprio Lui stesso, che Si offre loro come cibo che nutre. Tanto che “i loro occhi furono aperti e lo riconobbero” (Lc 34,31).

Dunque: il Risorto Si manifesta anzitutto nella Parola che chiama da dentro la quotidianità dell’esistenza umana; consapevoli che l’esistenza del credente va continuamente ricompresa facendo memoria del Suo stesso gesto d’amore crocifisso: “Vi ho dato infatti l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi” (Gv 13,15). Ma il dinamismo profondo del gesto eucaristico stesso confluisce in un amore che chiede una profonda e singolare intimità. Per questo, “quand'ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: ‘Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro?’. Gli rispose: ‘Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene’. Gli disse: ‘Pasci i miei agnelli’. Gli disse di nuovo: ‘Simone di Giovanni, mi vuoi bene?’. Gli rispose: ‘Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene’. Gli disse: ‘Pasci le mie pecorelle’. Gli disse per la terza volta: ‘Simone di Giovanni, mi vuoi bene?’. Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi vuoi bene?, e gli disse: ‘Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene’. Gli rispose Gesù: ‘Pasci le mie pecorelle’”. (Gv 21,15-17).
Va certo registrata la raffinatezza dell’intenso dialogo tra Gesù e Simon Pietro, ma soprattutto che Gesù risorto chiede con insistenza d’essere da lui riconosciuto, desiderando d’essere riamato: “Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io riconoscerò lui davanti al Padre mio che è nei cieli” (Mt 10,32). RiconoscerLo Risorto non è solo frutto del riconoscimento dell’amore col quale Gesù ci ha amati, ma anche della risposta concreta di Simon Pietro: “In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi’. Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: ‘Seguimi’” (Gv 21,18-19). L’amore richiede amore. In questo, dunque, sta anzitutto la verità ultima del Suo riconoscimento: “da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv 13,35).

E noi, da buoni discepoli Suoi, continueremo a ritrovarci nel Suo Giorno, per celebrare la Sua eucaristia, facendo sì che diventi sempre più nostra.
L’amore per Lui si diffonda così anche tra tutti i fratelli e le sorelle che avremo la grazia di incontrare sulla nostra strada. Buona domenica.

don Walter Magni

1 commento:

Anonimo ha detto...

Cari amici dal momento in cui Cristo è risorto viene continuamente incontro a noi in ogni istante della nostra vita!
Il SUO sostare presso noi è incoraggiante , ci riempie di una dolcezza infinita e ci spinge ad amare di più il prossimo.
Il prossimo che, nella propria diversità. ci viene incontro nel nostro cammino di vita e interpella la nostra fede: se tu ti reputi figlio di Dio allora sei fratello di Marco ma anche del tunisino e del cinese.
Io riguardo ai miei passi debbo confessare di non aver sempre ascoltato "L'altro", di essermi rinchiuso spesso nel mio egoismo e di non esser stato capace a volte di accogliere la diversità che si poneva innanzi a me!
Gesù non ci fa mancare la PAROLA capace di infiammare il nostro cuore e a memoria del SUO amore per noi ci spinge a costruire la nostra esistenza per gli altri, un umanità che di fronte a LUI si getta in una relazione totale di obbedienza e di affetto viscerale verso tutti!
In questi giorni vi chiedo di unirvi con me in preghiera per l'approvazione in parlamento della nuova legge sull'immigrazione, una legge capace di mettersi più nei panni dell'altro, per venire incontro alle esigenze di persone troppo spesso considerate come cittadini di serie b.
Che Dio illumini il cuore dei parlamentari e li porti a scegliere non per il bene delle logiche del proprio partito ma per il futuro del prossimo, in questo caso il migrante che bussa alla nostra porta e ci chiede di entrare!

Alberto Mori ristorante canto sesto